Staffetta di Scrittura Creativa

Elaborato delle classi 2° della  Scuola Secondaria I° grado D. Alighieri

"rita nella terra del silenzio"

Rita Atria
Rita Atria

Capitolo 1 - classe 2°G

Rita girava per il paese gridando al vento: “Al di fuori della mafia esiste un mondo onesto, giusto e pulito”. La gente la ignorava, non voleva parlare, non voleva sentire e non voleva vedere. Sembravano dei manichini …

Le persone avevano paura, tanta paura di morire come era già successo e per questo motivo, a forza di vivere nell’ingiustizia, si erano convinte  che fosse giustizia.

Rita voleva sconfiggere quel mostro segreto e implacabile, non voleva essere una donna devota come la madre, ma una donna ribelle e così iniziò la sua guerra.

Da quel momento con tutte le sue forze cercò di cambiare il corso degli eventi.

Tentò di aiutare diverse persone:

ANTONIO, figlio di un vecchio amico di famiglia. Da piccoli lui e Rita giocavano insieme per strada ed ora che erano cresciuti si erano persi di vista. Egli lavorava nel forno del paese di Partanna, si alzava presto quando era ancora notte per preparare il pane e la mattina sempre sorridente, vendeva i prodotti ai compaesani. La sera, purtroppo, continuava il lavoro del padre: spacciava droga ai ragazzi. Rita conosceva il cuore buono di Antonio, così, giorno dopo giorno, riuscì a convincerlo a ribellarsi al mestiere di famiglia e ad andare alla polizia. Fu questo il suo errore. Una fresca mattina di primavera Rita andò al forno e trovò la saracinesca abbassata con la scritta “Chiuso per lutto”: Antonio se ne era andato per sempre.

PEPPINO, aveva un negozio di frutta e verdura all’angolo dell’incrocio principale del quartiere in cui viveva Rita. Era gentile con tutti, faceva credito alle famiglie in difficoltà ed aveva una parola buona per ogni occasione. Amava vedere i bambini che giocavano al bordo della strada; grandi e piccoli, tutti insieme a correre dietro a quel pallone sgonfio imitando Maradona. Ai più deboli regalava sempre un frutto di consolazione. Rita sapeva del suo grande dolore: la mafia gli chiedeva il pizzo. Ogni mese doveva pagare il mostro. Lei lo sosteneva, ma Peppino era irremovibile perché aveva paura per sé e per i suoi familiari, tanto che in un giorno di pioggia chiuse il negozio e parte della sua vita. Non trovò la forza di ribellarsi come Rita auspicava.

SALVATORE, era il sindaco del paese come era stato in precedenza suo padre. Ricco di famiglia, da sempre controllava i destini dei compaesani. Insieme ai suoi uomini pensava solo a compiere affari illeciti con la mafia. I lavori e gli appalti venivano affidati ogni volta agli stessi imprenditori in cambio di soldi. Il paese era sempre più sporco, le strade piene di buche, le scuole cadenti e i giardini non curati. La paura però faceva cose strane e nonostante le proteste di Rita che distribuiva volantini contro il sindaco, questi fu rieletto lo stesso.

MICHELE, era un bambino di 12 anni. Aveva due occhi neri e profondi, un corpo gracile e due scarpe grandi. Era cresciuto senza madre e senza padre nella casa famiglia di don Luca appena fuori dal paese. Aveva un coraggio da leone a dispetto del suo fisico ed era l’unico dei ragazzini che ascoltava Rita ai giardini quando parlava contro la mafia. Più l’ascoltava più gli altri del gruppo lo portavano in giro e lo picchiavano. Quando Rita si accorse di questo, lo abbracciò e gli promise che avrebbe fatto di tutto per proteggerlo e consentirgli un futuro migliore. Fu così che prima di partire per Roma andò nella sua scuola per parlare di Michele con Teresa, la sua insegnante e confidente affinché potesse prendersi cura di lui in sua assenza. Le chiese anche di proseguire la sua battaglia contro la mafia facendola conoscere a scuola in tutti i suoi aspetti, convincendo i bambini a combatterla e a rifiutarla. Sperava che in questo modo la mafia potesse diventare solo un ricordo lontano e dimenticato.

 

ALUNNI: Aloisi  Samuele, Cantenne  Serena, Fabrizi Sofia, Fattori Lucrezia, Fattori Sofia , Ferranti Alessio, Gallo Daniele, Gentili Andrea, Gentili Lorenzo, Giacobini Matteo, Gigli Matteo, Lisandroni Marta, Marinsalta Anita, Migliorelli Emma, Nardi Lorenzo, Ndokaj Fiorela, Paoli Francesco, Petroncelli Riccardo, Poloni Nicola, Porfiri Giulia, Prendi Elisa, Prendi Emona, Puliti Francesco, Sampaolesi Francesco.

 

INSEGNANTE: Mandolesi Cristiana

Capitolo 2 - classe 2°C

Teresa era una donna alta e robusta proveniente dalla Serbia, aveva un carattere aperto, era sempre sorridente e si preoccupava delle esigenze dei suoi alunni. Era molto legata a Michele perché da piccola aveva vissuto la sua stessa situazione e aveva provato le medesime paure e incertezze. Lei si era trasferita in Italia dopo la morte del padre, insieme alla madre e alla sorella. Un giorno Michele, passeggiando lungo il corridoio durante la ricreazione, parla con la professoressa della bella amicizia nata con Rita e del comportamento distaccato e critico mostrato in diverse situazioni dai compagni di classe. Nell’aria si sentiva odore di cioccolato, di prosciutto e di pizza, misto a quello delle fragranze che le ragazze più vanitose passando lasciavano dietro di sé. Si ascoltavano anche i richiami dei professori che riprendevano i ragazzini troppo vivaci, mescolati alle conversazioni delle ragazze che stavano uscendo dai bagni sempre molto affollati. L’insegnante cerca di confortare Michele e di fargli capire che forse i compagni si comportano così perché le idee espresse da Rita li disorientano in quanto loro non sono abituati a sentir parlare apertamente di mafia.

Col passare dei giorni la professoressa ripensa alle parole ascoltate da Michele e si convince sempre più della necessità di affrontare l’argomento con i ragazzi parlando apertamente delle organizzazioni criminali locali. Dopo qualche tempo in paese prende fuoco la palestra “Jump & Co.” ed in classe i ragazzi, leggendo il quotidiano, apprendono che, secondo gli inquirenti, si è trattato di incendio doloso. Forse èstato appiccato il fuoco perché qualcuno non ha pagato il pizzo richiesto.

La palestra era spaziosa e illuminata da grandi finestroni aperti sulle pareti.

Al centro c’era un’area attrezzata per il corpo libero, mentre ai lati erano sistemati pesanti attrezzi. All’interno della struttura abitualmente si diffondeva ovunque l’odore del carbonato di magnesio utilizzato dagli sportivi, mentre dalla sala-danza attigua giungeva una rilassante melodia. Tra gli adulti nessuno parla, il fatto viene ignorato, così invece non è tra i ragazzi che si vedono privati dell’unico ambiente nel quale era possibile incontrarsi. Ora che la palestra è inutilizzabile i ragazzi decidono di ritrovarsi nella casa-famiglia di Don Luca per fare attività fisica all’aperto, visto che si sta avvicinando la bella stagione, e per parlare dei fatti accaduti e delle relative conseguenze.

La professoressa Teresa propone di organizzare un incontro con i ragazzi della cooperativa “Nati per la pace” che coltivano agrumeti impiantati in alcuni terreni sequestrati ad un noto mafioso di Corleone. La proposta viene accolta e tutti si danno da fare per la buona riuscita dell’iniziativa. Il luogo scelto per l’incontro è la stessa casa famiglia di Don Luca. Nella struttura vivono tre bambini: Michele, Rocco e Natalia che sono molto legati tra loro. Ognuno viene da una parte diversa del mondo: Michele è nato in Armenia, Rocco in Somalia e Natalia in Brasile; la famiglia di quest’ultima l’aveva affidata ad un istituto di suore perché non aveva abbastanza soldi per mantenerla. Ogni giorno i ragazzi vanno a scuola ed il pomeriggio, dopo aver svolto i compiti, hanno sempre qualche ora di svago e Don Luca organizza per loro dei giochi divertenti.

Nell’ultima settimana però, il religioso è molto impegnato insieme ai suoi amici per preparare l’incontro con la cooperativa “Nati per la pace” ed i bambini lo aiutano, per esempio Michele gonfia i palloncini, Rocco appende i festoni e Natalia dispone le sedie. Il sacerdote è addirittura riuscito a sistemare un buon impianto acustico. Arriva finalmente la sera stabilita per l’incontro, grazie alle straordinarie forze messe in campo dai ragazzi, tutto è pronto ed è stata invitata anche Rita che sta trascorrendo a Partanna i giorni che precedono la sua partenza per Roma.

Tutti i ragazzi sono presenti, Michele emozionato in mezzo a loro torna col pensiero ai giorni, ormai lontani, in cui i suoi compagni non volevano ascoltare le parole di Rita e tra sé pensa “Che bello, ora la situazione sta cambiando”. Durante la serata le persone si confrontano, condividono nuove idee e capiscono che parlare di ciò che accade è importantissimo. In particolare i ragazzi scelgono il motto simbolo “Il silenzio uccide come la mafia: uniti si vince” da stampare a grandi lettere su uno striscione da appendere all’ingresso della casa-famiglia di Don Luca e stabiliscono direttamente le date dei successivi incontri.
- A me la mafia ha portato via tutto! – Grida un uomo. La gente finalmente si ribella, è stanca di starsene a guardare i propri figli morire, i propri sogni bruciare, insieme ai sorrisi e alle speranze. Rita osserva la scena soddisfatta. Le luci prima accecanti cominciano ad affievolirsi insieme alle voci di coloro che se ne stanno andando.

Da lontano si sente il tonfo di un pallone calciato da un bambino che non vuole saperne di andarsene. Rita, Michele, Teresa e gli altri si salutano stanchi ma pieni di speranza. Rientrando a casa la ragazza scorge da lontano un’ auto con due persone a bordo che stanno discutendo animatamente; lei cerca di passare inosservata e con passi leggeri scivola velocemente verso l’uscio di casa, entra richiudendosi la porta alle spalle.

Appena rientrata si spoglia, si lava e indossa il suo morbido pigiamone che profuma di lavanda. La mamma che in cucina sta sorseggiando una bevanda calda la ignora e poco dopo si ritira nella sua camera. Ad un tratto il rombo di un’auto che riparte sgommando irrompe nel suo mondo. Lei si avvicina alla finestra e scorge una persona a terra che si rialza a fatica; la riconosce, è suo zio Alberto che abita poco lontano e che con passo incerto e traballante cerca di rientrare a casa.

Tanti pensieri affollano la mente di Rita. Cosa sarà successo? Cosa potrà accadere? Ma, come sempre, tutto tace.
La ragazza immersa nel silenzio si allunga sul divano di fronte al focolare, guarda la fiamma viva, calda, luminosa ed accarezza Puffy, il suo fedele gatto, morbida nuvola che sentendola arrivare le si è avvicinato e prova a farle compagnia. In famiglia, invece, si sente sola, ignorata dalle persone a lei più care, che non hanno condiviso le sue scelte coraggiose, ma nello stesso tempo è sempre decisa a sostenere gli ideali nei quali crede.
Ripensando al passato, in particolare al fratello che invano aveva tentato di dissuadere, si addormenta ed una nuvoletta compare sopra la sua testa nel tentativo di scacciare i cattivi pensieri e di immaginare un mondo migliore, un universo senza cattiveria, libero dall’incombente presenza della mafia. Le stelle incominciano a brillare e ad illuminare
la notte, i vicoli bui e silenziosi sono invasi dalle voci innocenti dei bambini ed i mafiosi sono diventati ormai solo un ricordo lontano.

Purtroppo però, quello non poteva essere il mondo reale.

 

 

ALUNNI: Benivegna Giada, Brancadori Riccardo, Brizi Alessandra, Calzolaio Elena, Cancellieri Francesco, Capponi Luce, Carota Giulia, Cicarilli Miseli Edy Natalia, Damiani M. Elena, Dhoum Nada, Ezeigwe Gianni Chile Colins, Margarucci Alessandro, Menichelli Federico, Montenovo Alessia, Mouslih Fadwa, Nardi Lorenzo, Romagnoli Celeste, Romanzetti Thomas, Ruffini Martina, Santini Valerio, Stagnaro Alessandro e Tartari Lucia

INSEGNANTE:  Luchetti M. Luisa

Capitolo 3 - classe 2°F

Magari si potesse vivere in un paese tranquillo e in pace, lontano dalla violenza e dalla prepotenza del mostro! Era ciò in cui Rita sperava dopo il sogno, una volta sveglia e ritornata alla dura realtà di tutti i giorni del suo paese.

La mattina seguente, mentre preparava la colazione per sé e per il gatto, Rita apprese dal telegiornale di un certo Paolo Borsellino, noto giudice palermitano, impegnato nella lotta alla mafia siciliana e nei processi a noti capimafia, esecutori di svariati delitti. Da quel telegiornale Rita apprese anche una notizia che non avrebbe mai voluto sentire: lo zio Alberto, rientrato la sera prima in circostanze sospette, colpito e gravemente sanguinante, era morto.

Rita immediatamente uscì di casa per avere in paese informazioni sull’accaduto, ma trovò solo un muro di omertà.

Nello stesso giorno un’ altra brutta notizia sconvolse l’animo di Rita: la macchina della maestra Teresa, poco lontano dalla sua abitazione, era esplosa, danneggiando non poco anche i palazzi e le vie adiacenti.

Forse era un segnale da non sottovalutare?

Tra i bambini della scuola c’era un bullo a  cui piaceva imitare il padre Ciro, capomafia di Partanna, che aveva commesso una serie di reati indicibili. Il bullo aveva informato il padre che, in classe, la maestra Teresa aveva preso a cuore l’idea di contrastare la mafia rendendo consapevoli i bambini e responsabilizzando le rispettive famiglie.

Per questo Teresa non si sentiva più sicura e l’ansia di difendere se stessa e la sua casa aumentava di giorno in giorno.

Rita non può più occuparsi di Michele, così cerca qualcuno che si prenda cura di lui, ormai rimasto indifeso.

Le venne in mente Angela, una persona che conosceva fin da piccola. Fisicamente non era molto cambiata: minuta, corporatura esile, il  passo deciso, il carattere dolce e le idee determinate  e chiare. Lei si occupava, nel tempo libero, di un’ associazione benefica contro i soprusi dei potenti, chiamata “UN MONDO MIGLIORE”, e lavorava part-time presso una tabaccheria.

La proposta che Rita fece ad Angela fu accolta con entusiasmo tanto che insieme andarono a prendere Michele a scuola. Quella fu l’occasione in cui Michele la incontrò e ne fu contento.

Rita, in cuor suo, si convinceva che quella sarebbe stata l’ultima volta e poi non avrebbe più rivisto né Michele né Angela, così li salutò con affetto.

La morte dello zio Alberto, colpito con due proiettili, l’esplosione della macchina della maestra con una forte dose di tritolo, portarono Rita ad una decisione estrema: cambiare vita in una terra lontana dalle ingiustizie, dall’omertà, dalle prepotenze e dalle violenze del paese in cui era cresciuta.

Fu così che Rita decise di allontanarsi da Partanna per un lungo periodo o forse per sempre, ma…… dove andare?

La capitale, Roma, perché no?

In pochi giorni organizzò il viaggio in treno e preparò le valigie. Avrebbe  preso volentieri un aereo ma il biglietto era troppo costoso e raggiungere l’aeroporto a Palermo verso Fiumicino presentava numerose difficoltà, così preferì partire dalla stazione del paese e proseguire verso Roma.

La partenza, in un certo senso, fu rallegrata da una bella notizia, che ella apprese tramite una lettera a lei indirizzata: Peppino, il suo vecchio amico fruttivendolo, aveva riaperto il negozio proprio nella via di un quartiere alla periferia di Roma.

Adesso non era più obbligato a pagare il pizzo.

Arrivò il giorno della partenza.

Rita è in treno, seduta in uno scompartimento insieme ad alcuni compaesani, pendolari, che scenderanno dopo due fermate. Finalmente il viaggio prosegue ininterrotto verso la stazione Termini.

E’ un pomeriggio caldo e assolato quando Rita scende dal treno: la pesante valigia di stoffa in mano, l’animo contento ma anche frastornato, le vie piene di gente che cammina veloce, le strade caotiche per il traffico, i rumori e i clacson delle auto, andando a piedi si respira l’odore nauseante del carburante, tanti i negozi dalle vetrine più svariate e colorate, ecc…. E’ proprio un altro mondo.

Rita ha bisogno di un alloggio. Dopo aver girovagato e chiesto qua e là trova un’agenzia del turismo dove una gentile impiegata la indirizza in via Rosa 36. Lì troverà, in un modesto appartamento alla periferia di Roma, il suo nuovo alloggio.

I primi giorni scorrono nella solitudine e nel silenzio della nuova casa, poco accogliente, priva dei tenui colori delle pareti della sua casa siciliana e del suo fedele gatto Puffy. I suoi primi pensieri non possono non andare a quelle persone che aveva tentato di aiutare prima della sua partenza per la capitale: Peppino, Antonio, Michele.

Durante qualche passeggiata tranquilla , che si concedeva nei dintorni del palazzo, Rita fece alcune conoscenze. La gente era accogliente, come Maria, sua vicina di casa e proprietaria di una lavanderia a poche centinaia di metri da casa. Era una donna alta e robusta, amante della compagnia degli altri, simpatica, cordiale e di una loquacità travolgente.

Di tanto in tanto, le due donne andavano insieme per le vie del centro, Rita ne era felice e non perdeva mai l’ occasione di guardare entusiasta le vetrine luminose dei negozi o di acquistare un piccolo souvenir da conservare.

I giorni passavano, Rita si stava ambientando nella nuova città.

Ancora conservava la lettera di Peppino, il fruttivendolo, suo compaesano. Un giorno la prese, lesse l’ indirizzo ed ebbe un forte desiderio di recarsi a salutare il suo vecchio amico.

In una calda giornata estiva, accompagnata da Maria, prese il mezzo pubblico e la strada che portava al quartiere di Peppino.

Durante il percorso Rita poteva ammirare da vicino la città e i monumenti romani, come il Colosseo, il grandioso anfiteatro Flavio della Roma imperiale. Ne aveva sentito parlare, ma trovarsi lì davanti fu per lei un’ emozione indimenticabile.

Fu proprio durante la permanenza a Roma che Rita scoprì di avere una grande passione: l’ interesse per le bellezze antiche, l’ arte, i monumenti, le antiche vie romane, i palazzi appartenuti, un tempo, alle nobili famiglie romane ecc….

Ci vollero parecchi minuti prima di raggiungere  il negozio  “FRUTTA E VERDURA” che Peppino gestiva ormai da un paio d’ anni da quando, in un grigio giorno i pioggia, decise di chiudere il negozio di Partanna.

Nella capitale la sua vita era tranquilla e serena, il lavoro era fruttuoso e lui manteneva sempre il carattere gentile con tutti, specie con i bambini. Aveva conquistato una numerosa clientela.

Nel vedere Rita all’ entrata del negozio non mancò, di certo, la sorpresa di Peppino; entrambi si ritrovarono in un caloroso abbraccio e nessuno dei due avrebbe voluto congedarsi, tanta era la voglia di raccontarsi, ciascuno, le vicende della propria vita.

Tra un parola e una risata era giunta l’ ora di chiudere il negozio.

Si salutarono, ma con la promessa di ritrovarsi presto.

È passato un anno dal giorno dell’ arrivo a Roma, i fatti tristi di Partanna sono ormai solo un brutto ricordo per Rita.

Le sue giornate si alternano tra qualche passeggiata, incontri con i vicini, il rivedersi con Peppino e il lavoro, quando ce n’era bisogno. Infatti, grazie a Maria, Rita dava una mano in lavanderia, faceva qualche consegna a domicilio, le mance non mancavano e così poteva guadagnare e mettere da parte qualche soldo per sé e per l’affitto di casa.

La vita a Roma piaceva a Rita, “il mostro” di Partanna era lontano, ma non l’aveva dimenticato, le aveva lasciato nell’animo un segno indelebile, una ferita che si era chiusa, ma il pensiero che si potesse riaprire incombeva sempre.

Anche la capitale, infatti, benchè bella, affascinante, attraente, dinamica, nascondeva i luoghi malfamati, le vie insicure, le persone losche e poco raccomandabili, gli uomini corrotti e pronti ai facili guadagni, grazie agli affari illeciti con “il mostro”.

Rita si convinceva sempre più che la mafia era dovunque, solo lo Stato poteva combatterla.

 

ALUNNI: Acerbotti Ettore, Bartoli Elisa, Caraceni Chiara, Colonna Alessandro, Dignani Arianna, Governatori Carlotta, Longarini Matteo, Marini Matteo, Marini Riccardo, Matteucci Andrea, Mehmet Lorenzo, Melchiorri Michelangelo, Molini Asia, Olivieri Marco, Pio Arianna, Ponzio Riccardo, Ranzuglia Corinne, Rossetti Veronica, Santucci Ilenia, Santucci Michele, Serafini Elisa, Shoshaj Ardi, Tanoni Alessandro, Torresi Greta, Vallesi Francesco.

INSEGNANTE: Battistini Bianca

Capitolo 4 - classe 2°D

Era intimidatoria l’enorme scritta sulla saracinesca della lavanderia in via Verga: ‘’La pagherai…’’Sotto, attaccato con lo scotch, ad altezza d’uomo, si vedeva distintamente un proiettile.

Il primo a vedere la scena fu un passante che avvertì subito i Carabinieri.Nel giro di poco tempo via Verga era piena di gente del quartiere che si interrogava, preoccupata e incuriosita, sull’accaduto.

Maria, sentendo il rumore delle sirene, scese in strada.Aveva un’espressione sconvolta, era pallida con le lacrime agli occhi e le mani tra i capelli. Non sapeva cosa pensare: -Cosa succederà se non pagherò? Che ne sarà del mio negozio? Cosa dirò ai carabinieri?

Improvvisamente arrivò Rita che, allarmata, le fece subito delle domande: - Cosa è successo? Hai visto qualcosa?

- No, l’ho scoperto solo adesso. Ho sentito la gente per strada e le sirene - rispose intimorita Maria.

- Che vogliono da te? Hai avuto altre minacce? - chiese Rita, intuendo facilmente la grave situazione.

- Te lo spiegherò...

Si avvicinarono due carabinieri e uno iniziò ad interrogare Maria, mentre l’altro scriveva un verbale.

 - Buongiorno, signora, sono l’appuntato scelto Maurizio De Angelis.Lei è la proprietaria di questo locale, vero?

- Sì - rispose Maria con voce tremante.

- Si chiama…

- Maria Russo.

- È nata il…?

- 4 settembre 1965.

- Risiede…?

- In via Verga 66.

- Ha ricevuto altre minacce?

- Minacce?

- Signora, questa è una scritta minatoria e il proiettile attaccato sulla saracinesca è un chiaro avvertimento.Non è la prima volta che vediamo una situazione del genere, anche in questo quartiere.

- Non ho mai subito minacce - cercò di replicare in tono deciso la donna.

- Le sono arrivate lettere intimidatorie?

- No. E poi per che cosa?

- È sicura di non aver mai pagato qualcuno a garanzia del suo locale?

- No, le dico, ho sempre rispettato la legge. È da tanto che ho quest’attività e non mi è mai successa una cosa del genere.

- Qualcosa deve essere successo! – esclamò il Carabiniere, alzando la voce per cercare di intimorire la donna - Sappia che, se non collabora, non possiamo aiutarla e possiamo anche accusarla di ostacolare le indagini.

- Le ripeto che non so niente, non so perché se la prendano con me! - ribatté Maria nel tentativo di essere convincente.

- Se le viene qualcosa in mente ci informi, se ha bisogno di aiuto sa dove trovarci.Comunque la chiameremo entro breve per farle altre domande.

Il Carabiniere si allontanò e salì sulla volante per tornare al comando, mentre altri colleghi restavano sul posto per completare i rilievi.

Maria era impaurita, turbata: non sapeva cosa fare. Era consapevole della gravità delle sue menzogne, ma allo stesso tempo la paura che sarebbe potuto succedere qualcosa alla sua attività o, peggio, a lei stessa l’aveva spinta a tacere.

- Hai detto la verità? Di me ti puoi fidare - disse Rita con tono rassicurante ma deciso.

- Ora non è il momento, ne parleremo con calma.

 

Dopo una notte insonne, agitata dai rimorsi e dall’angoscia per non riuscire a trovare una via di scampo, Maria decise di confidarsi con Rita: doveva assolutamente liberarsi da quel peso, non aveva voluto chiedere aiuto al Carabiniere e non aveva parlato, ma ora il suo silenzio stava diventando più opprimente della paura.

Maria si recò velocemente a casa dell’amica. Non si sentiva tranquilla per strada.Passò davanti al suo negozio, lesse la scritta e pensò a come sarebbe stato il suo futuro se avesse perso tutto.

Arrivò e suonò il campanello più volte.Finalmente Rita aprì e Maria salì le scale rapidamente. Ad attenderla sulla porta dell’appartamento lo sguardo rassicurante della ragazza che le diede subito ospitalità.

Maria entrò. La stanza era piccola ma accogliente, illuminata dai tiepidi raggi del sole della mattina. L’odore di caffè appena fatto la fece sentire a casa e per un istante dimenticò il motivo della sua visita.

- Come stai? - le chiese Rita, invitandola a sedersi mentre le versava un po’ di caffè.

- Ora meglio perché sono qui.

- Non hai dormito, vero? Hai certe occhiaie!

- Sì, è vero, non ho dormito per niente…

- Anche io non ho riposato bene. Non ci posso ancora credere. Ora te la senti di raccontarmi quello che è successo? - domandò Rita ansiosa di sapere la verità.

- È iniziato tutto circa due mesi fa. Nella cassetta della posta ho trovato una lettera anonima, nella quale c’era scritto che se volevo proteggere la mia attività dovevo dare 500 euro a un uomo che sarebbe venuto a riscuoterli entro pochi giorni.

Rimasi pietrificata, non sapevo come comportarmi: la somma richiesta era troppo alta...Perché volevano i soldi proprio da me? Chi erano? Cosa potevo fare? Potevo chiedere aiuto a qualcuno? Se lo avessi fatto, cosa mi sarebbe successo? Non potevo perdere tutto… come sarei potuta andare avanti… forse avrei potuto raccogliere il denaro…Decisi di pagare.

- Perché non me l’hai detto? Ti avrei potuta aiutare! Avremmo potuto trovare una soluzione insieme… - le disse Rita certa che la strada scelta da Maria non avrebbe risolto il problema.

- Non volevo coinvolgerti. So che hai avuto un passato molto difficile dal quale ti sei voluta separare… Quindici giorni dopo è arrivato un uomo nel mio locale.Era alto e muscoloso, vestito di nero con un cappello senza visiera, che gli copriva un po’ gli occhi, ma riuscivo comunque a vederli: azzurri e freddi come il ghiaccio. Avrà avuto circa quarant’anni, indossava una polo accostata a dei pantaloni di taglio elegante.

Rimase fermo per circa un quarto d’ora aspettando che i clienti se ne andassero, poi si avvicinò e mi chiese, a voce bassa ma con tono deciso, se avevo i 500 euro.

Non avevo tutti i soldi, quindi gliene diedi 300, dicendo che avevo fatto fatica a raccoglierli, poiché l’attività non mi permetteva di risparmiare molto. Lui li prese senza esitare, ma disse che la volta successiva avrei dovuto pagare il resto più la quota stabilita, altrimenti ci sarebbero state conseguenze per me e il mio locale. Capii che non ne sarei mai uscita…

Il mese successivo quell’uomo ritornò e io gli consegnai solo 300 euro, lui furioso diede un pugno al bancone, minacciando che me l’avrebbe fatta pagare. Poi è accaduto ciò che hai visto.

Maria rimase improvvisamente in silenzio e guardò con gli occhi lucidi la sua amica, quasi a cercare nel suo sguardo la fine della sua sofferenza.

Rita non ebbe esitazione: - Ora solo tu puoi decidere: o confessi tutto ai Carabinieri e ti fai aiutare o subisci questo ricatto. Secondo me, li devi denunciare, in realtà non hai alternative: cosa vuoi fare? pagare? andare in rovina? vivere per sempre nella paura? A Partanna era la stessa cosa: è successo anche al mio amico Peppino, che hai conosciuto, lui si è trasferito qui perché gli chiedevano il pizzo, ma, come vedi, non si può scappare dalla mafia e non è così che si sconfigge.

Maria la ascoltò immobile. Aveva uno sguardo confuso e impaurito. Con l’angoscia che tornava a tormentarla, disse: - Non so come comportarmi, so che hai ragione ma ho paura.

- Anche chi non parla è colpevole. Se accetti questa situazione, sei tu la prima a dare forza alla legge della mafia. Devi prima sconfiggerla dentro di te per combatterla poi fuori. Non devi avere timore, non sei sola: ti starò sempre accanto.

Dopo queste parole Maria decise di denunciare il fatto. La paura non era scomparsa ma sapeva che accettare la legge del più forte vuol dire perdere la libertà e rinunciare lo stesso alla propria vita.

Quella mattina via Verga sembrava più lunga del solito. Le due donne rimasero in silenzio per tutto il tragitto. Rita era inquieta ma anche fiduciosa. Sentiva dentro di sé, più forte che in passato, il desiderio di combattere ciò che l’aveva spinta a lasciare la sua Partanna. Capì che era stato un errore. Laggiù Michele, Teresa, Angela e don Luca erano rimasti soli, senza il suo aiuto e la sua guida. Si sentì in colpa perché aveva spinto Maria a reagire mentre lei non lo aveva fatto davvero, era solo scappata. Si convinse che doveva tornare in Sicilia, dopo aver aiutato l’amica nella sua battaglia.

Le due donne si ritrovarono davanti alla porta della comando dei Carabinieri, si guardarono cercando di rassicurarsi a vicenda ed entrarono.

- Vorrei parlare con il carabiniere De Angelis, devo sporgere denuncia per estorsione.

 

ALUNNI:  Bracci Martina, Cesca Matteo,Cornelio Lorenzo, Ezechielli Sofia, Feliciani Lorenzo, Ferragina Sarah, Frattari Alessio, Fungo Giacomo, Gheorghe Paula, Giulianelli Angelica,Isidori Isabella, Lattanzi Andrea, Loparco Nicola, Nanni Filippo, Persichini Gianluca, Pescolloni Laura, Polci Pietro, Possanzini Diego, Romanelli Gioia, Sadeghi Leyli, Scattolini Gioia, Teobaldelli Diletta, Zazzetta Elisa 

Disegno realizzato da Sofia Ezechielli,Gioia Romanelli,Pietro Polci,Diletta Teobaldelli
Disegno realizzato da Sofia Ezechielli,Gioia Romanelli,Pietro Polci,Diletta Teobaldelli

Capitolo 5 - classe 2°A

Nella stanzetta del vice-brigadiere Rita guardò l’ amica che sembrava aver preso coraggio e parlava ora a ruota libera, però lei intanto non riusciva più a seguire le sue parole. Per la verità era da diversi giorni che nella sua testa frullava un solo pensiero: sarebbe voluta tornare al suo paese, Partanna, ma sapeva fin troppo bene che così facendo avrebbe messo a rischio la sua vita. Adesso però rimanere a Roma sembrava non avere più senso.

Intanto Maria ha già firmato i documenti e all’uscita della caserma l’abbraccia e la saluta con grande affetto come solo una vera amica sa fare,ma tutto questo poco può cambiare lo stato d’animo di Rita, assalita da tanti dubbi.

Torna a casa e mille pensieri le affollano la testa. Pensa a sua cognata che dopo la morte di suo fratello aveva lottato come una leonessa con l’unico scopo di riuscire ad incastrare gli assassini del marito. Ah, se almeno Piera fosse lì con lei!

Nei giorni precedenti aveva tempestato i carabinieri di telefonate perché voleva parlare con il maresciallo della caserma, forse l’ unico a sapere dove si trovava la cognata Piera Aiello da quando collaborava coraggiosamente con la giustizia per far arrestare quei criminali. Rita però era cocciuta e determinata come del resto lo è ogni meridionale. Non si rassegnava e diventava sempre più insistente finché ancora una volta fu lei che la spuntò.

Proprio quella mattina riuscì a scoprire dal sostituto procuratore che Piera sarebbe stata testimone l’indomani di un maxiprocesso per associazione mafiosa lì a Roma. E’ un sogno e un sospiro di sollievo per Rita. Di nuovo potrà rivedere la tanto amata cognata e, se non altro, potrà riabbracciare una persona cara, così coraggiosa e forte da essere per lei un punto di riferimento.

Dalla finestra della camera guarda quella città straniera. E’ sera, le bancarelle e le luci si intrecciano come in un tappeto di colori. La strada è affollata ma Rita è sola e ha il cuore gonfio di nostalgia. Prende una cartina geografica dell’Italia e col dito traccia i contorni della sua Sicilia fino a trovare Partanna: le sembra di respirare anche i profumi più caratteristici come quello dei dolci della panetteria vicino casa sua  e del  caffè del bar in piazza.

E’ presto quando il mattino seguente Rita scorge Piera in  compagnia di un signore alto, davanti al Tribunale. Si avvicina, poi la chiama. Piera non ci crede, quella ragazza minuta è proprio Rita, la sua Rita.Quanta felicità per le due donne! Ridono, scherzano, piangono. E’ commovente ritrovarsi insieme dopo tanto tempo. Poi le presenta quell’uomo elegante e distinto: ha un’aria familiare e dice di chiamarsi Paolo; Paolo Borsellino. Sembra simpatico, cordiale e persino affettuoso. Allora come ad un amico vero, Rita affida i suoi pensieri:

-Vede, Signor Paolo, dare il mio piccolo contributo qui e aiutare persone come la mia amica Maria, è stato importante per me, ma Roma non è la mia terra, non è la mia città ed è per questo che ho deciso di farmi coraggio. Voglio tornare a Partanna, fra la mia gente e combattere insieme la nostra battaglia affinché quando nel mondo si parlerà ancora di Sicilia, nessuno dovrà pensare più alla criminalità o alla mafia. Abbiamo poche volte nella vita la possibilità di essere degli eroi, ma tutti i giorni abbiamo l’opportunità di non essere dei vigliacchi. Vede, il mio sogno oggi è la giustizia per me e per tutti gli altri giovani di Partanna che credono ancora in un mondo migliore e più giusto. Con l’aiuto di tante persone perbene potrei riuscire a fare anch’io molte cose buone per quel disgraziato paese calpestato e infangato dalla mentalità mafiosa.

L’uomo la lascia parlare: è ostinata e forte come Piera e, come lui, ama la sua terra; si commuove e infine le sorride con un affetto che a Rita ora sembra quasi paterno:

-Sei una ragazza veramente coraggiosa. Ti aiuterò, non dubitare e tu aiuterai la giustizia.

Poi, con la cognata al fianco, sparì dietro al portone dell’enorme Tribunale.

La mattina seguente, quando il sole era appena sorto , Roma era già sveglia da un pezzo, Piazza di Spagna era attraversata da una folla di persone dirette al mercato della frutta e nonostante l’ora alcuni bambini, figli dei fruttivendoli si rincorrevano per strada felici. Allo stesso tempo c’era anche chi si svegliava angosciato da brutti pensieri, come la nostra Rita, preoccupata per quel che immaginava stesse  succedendo a Partanna e ai suoi amici. Non sapeva come stava Teresa, cosa le era successo dopo che  era partita, lei che era la persona che fino ad allora l’aveva sostenuta più di ogni altra. Non aveva avuto più notizie di Michele, di Angela, di don Luca. Che fare? Rita non sapeva se rimanere a Roma, dove viveva tranquilla  o ritornare a Partanna dai suoi amici per colpire proprio lì alla sua origine il "mostro”. Erano le 7 del mattino e lei si chiedeva se avrebbe mai ricevuto una telefonata, una lettera o semplicemente delle notizie sui suoi amici, che lei sentiva di aver abbandonato nel bel mezzo della battaglia. Sapeva che se avesse continuato la lotta sarebbe stata un punto di riferimento per la giustizia, ma forse ci avrebbe rimesso la pelle. Così prese quella decisione che le avrebbe cambiato la vita: decise di tornare a Partanna tra i suoi compaesani, là dove era nata e cresciuta e dove avrebbe lottato contro la mafia per tutto il tempo che le rimaneva. Quella sera prese il treno, un treno piccolo ma affollato di idee e di speranze e dopo un lungo viaggio arrivò alla stazione di Napoli. Ebbe poco tempo per prendere il traghetto che l’avrebbe portata a Trapani da dove, con un altro treno, sarebbe partita per raggiungere finalmente Partanna.

Scesa dal treno, Rita si trovò davanti  una stazione vuota, c’era solo un anziano seduto su ciò che era rimasto di una vecchia panchina.

Rita era indecisa se andare prima  da Michele e Don Luca alla casa famiglia o correre subito a riabbracciare Teresa, poi afferrò la sua valigia rossa e si avviò.

Rita non sapeva che tutti i suoi amici in quel momento  si trovavano  a casa di Teresa.

Era da molto tempo ormai che Teresa, Michele, Don Luca, Angela e molti altri compaesani, in gran segreto,si riunivano per discutere, confrontarsi e sfogarsi,nel tentativo di difendersi come potevano dai soprusi del sindaco Salvatore e dei suoi scagnozzi.  

Eccoli lì, come ogni giovedì della settimana intorno ad un tavolo a parlare dell’ultima prepotenza del “picciotto di turno”, mentre si convincono che bisogna a tutti i costi fare qualcosa perché ormai la misura è colma! Ah se solo avessero il coraggio di denunciare i tanti crimini! Se potessero fargliela pagare per tutto il male fatto! Ricordano come era bello quando c’era Rita a infondere a tutti loro forza e speranza. Dove sarà ora Rita? A Michele spunta una lacrima. Quella sera sono tutti molto tristi e si sentono  davvero impotenti contro il mostro tentacolare che li stringe e li soffoca poco alla volta.

Qualcuno  bussò con forza alla porta. Tutti si guardarono impietriti, i visi pallidi, le mani tremanti e gli occhi pieni di terrore. Teresa si alzò con la morte nel cuore sussurrando:

-Chi può essere? Forse qualcuno di loro ha saputo delle nostre riunioni! Verranno ad ucciderci …

Si avvicinò alla porta e mentre tutti trattenevano il respiro, chiese con un filo di voce: – Chi è?

Dall’esterno rispose una voce familiare : -Sono Rita! Teresa sono io, Rita!

Teresa, quasi incredula, aprì la porta e con il cuore che le scoppiava in gola per la gioia abbracciò forte Rita; tutti si alzarono e le si strinsero intorno. Michele urlò :- Rita, Rita, grazie al cielo sei tornata! - Lo stesso fecero gli altri.

Ora Rita era pronta a raccontare ai suoi amici tutto quello che aveva vissuto a Roma e soprattutto dell’incontro con quel giudice buono, così paterno e rassicurante, che aveva promesso di aiutarla.

Dopo aver ascoltato le parole di Rita, lentamente si alzò un giovane che se ne era stato in silenzio per tutto il tempo a fissare pensieroso il pavimento e quasi non osava alzare lo sguardo. Si avvicinò a Rita e le disse : - Voglio raccontare qualcosa anch’io … Quella notte Rita … era buio, la strada era deserta, tuo zio Alberto stava tornando dal lavoro quando,  da una macchina nera con i vetri oscurati, un uomo sparò e lo colpì. Quell’uomo era il Sindaco, io l’ho visto bene perché ero lì, nascosto in un angolo nell’ombra per non farmi riconoscere. Ho avuto paura e non ho detto niente, ma  ora so cosa è giusto fare: sono pronto a testimoniare contro di lui, perdonami per non averlo fatto prima!

Rita lo ringraziò commossa e poco dopo tutti tornarono alle loro case, ma adesso il loro cuore era colmo di speranza.

Quella sera, prima di addormentarsi Rita scrisse sul suo diario “Forse un mondo onesto non esisterà mai. Ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.”

Tre mesi dopo, al maxiprocesso contro Cosa nostra, nel tribunale di Palermo, c’erano tutti: Teresa, don Luca, Angela, Michele, i compaesani che avevano partecipato alla riunione a casa di Teresa e persino Peppino che era tornato da Roma.  Naturalmente era presente anche Rita.

Entrò il giudice, tutti si alzarono. Seduto sulla destra c’era l’imputato Salvatore Esposito, sindaco di Partanna, ad accusarlo il testimone oculare del suo delitto.

Finalmente per una volta la giustizia trionfava e la legalità veniva ristabilita.

Ma il mostro non era stato definitivamente sconfitto. Ancora altre dure battaglie attendevano Rita e i suoi amici.

 

ALUNNI: Antolini Michele, Cittadini Enrico, Cofanelli Alessandro, Domizi Francesca, Fraticelli Gianluca, Gazella Aziz, Lorenzini Federica, Mannucci Alessandra, Menchi Francesca, Menghini Alessandra, Morbiducci Lorenzo, Moroni Edoardo, Nabati Chaima, Pallotta Leonardo, Palpacelli Filippo, Polucci Alex, Pugnaloni Francesco, Romagnoli Silvia, Santecchia Laura, Severini Lorenzo, Sopranzetti Lorenzo, Tirri Irene, Villetti Cristina.

Capitolo 6 - classe 2°E

Quella sera tutti si coricarono presto nelle loro case, non sapendo però che il giorno dopo il “Mostro” avrebbe attaccato di nuovo.

Rita, con le sue paure, si svegliò al sorgere del sole, quel Sole che rendeva Partanna una città piena di speranza. Passarono le ore, quando Rita ricevette una telefonata inaspettata:" Rita! Hanno attaccato di nuovo! La fattoria di Andrea è in fiamme". Rita dentro di se pensò quando sarebbe finito questo incubo e si diresse con fremito verso il casale. Arrivata sul posto, capì che la situazione era disastrosa.

I genitori di Andrea erano stati portati in ospedale per le gravi ustioni. Il lavoro di una vita era stato distrutto, della cascina ora se ne aveva solo il ricordo. Poco dopo sul posto arrivò Andrea con il viso rigato di lacrime. Rita lo abbracciò incitandolo a denunciare l’ accaduto. Il ragazzo aveva timore di denunciare il fatto per paura delle conseguenze. Andrea anche questa volta prese coraggio e andò in questura.

Nei giorni successivi ci fu un altro maxiprocesso dove il colpevole nonché il vicesindaco venne arrestato.

Nelle seguenti settimane, Andrea fece il pendolare tra l’ ospedale e la sua abitazione quando un giorno tornando a casa, sull’ uscio della porta trovò una lettera con su scritto minacce inquietanti. Con il passare del tempo Andrea diventò sempre più solitario e chiuso in se stesso, finché un giorno Rita, preoccupata del comportamento dell’ amico, decise di andarlo a trovare. L’ unica cosa che trovò fu un biglietto accanto al suo corpo senza vita.

Rita con le lacrime agli occhi lesse il biglietto:" Rita, sapevo che saresti stata la prima a trovarmi. Questo non era “vivere” ma “sopravvivere”.

Rita scossa dalla lettera chinò il capo e si accorse che seminascoste c’ erano le lettere intimidatorie. La ragazza capì tutto.

Il dolore accumulato dal paese era ormai immenso, la morte del diciassettenne aveva sconvolto tutti. Al funerale aveva partecipato tutta la città compreso Paolo Borsellino e Piera Aiello. Quella stessa sera Rita tornò a Roma e andò a vivere con Piera. Nel viaggio per raggiungere la Capitale, scrisse nel suo diario le emozioni che provava: "Vorrei tanto poter avere Andrea vicino a me, poter avere le sue carezze, i suoi abbracci; ne ho tanto bisogno".

Scrisse anche di Partanna: "Quella città è troppo lontana da me, o forse io la lei. Comunque sia, non sapere qual' è la mia città mi fa solo capire quanto sia “dolce” il dolore che ci lega ai suoi ricordi".

 

ALUNNI: Barbatelli Matteo, Battistelli Claudia, Bordi Giuseppe Mattia, Canori Carlo, Carassai Mouna, Di Bella Luca, Fargnoli Ilaria, Gallo Tommaso, Gentili Riccardo, Giannoni Asia, Meccarelli Leonardo, Messi Matteo, Messi Riccardo, Mogarelli Simone, Monteverde Lorenzo, Paciaroni Marco, Pasquali Arianna, Picciola Irene, Pranzetti Giulia, Re Ilaria, Ressa Piergiuseppe, Ricciotti Luca, Rossetti Beatrice, Venturino Eleonora.

Disegno realizzato da Claudia Battistelli, Beatrice Rossetti, Ilaria Re, Giulia Pranzetti
Disegno realizzato da Claudia Battistelli, Beatrice Rossetti, Ilaria Re, Giulia Pranzetti

Capitolo 7 - classe 2°B

Rita non saprebbe dire da quanto è ferma lì.

Fissa la finestra di fronte a sé, spalancata sul mondo.

In via Amelia è giorno di mercato, la strada comincia ad animarsi. Sono le 7:00 ed i commercianti, chiassosi, hanno quasi finito di montare i loro banchi.

Il rumore di ferraglia cessa.

Rita ripensa alle ultime parole scritte sul diario. Lacrime indesiderate le rigano le guance.

"Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta".

Sente dentro un gran vuoto, il petto le fa male, di nuovo non ha più niente.

Qualche altro passo. La mattina è già calda, e l’aria sembra diventata spessa tutto d’un colpo. Riavvolge il nastro.

Rivede la pianola coi tasti gialli e rossi ricevuta da suo padre, avrà avuto quattro o cinque anni; suo fratello Nicola quando la faceva volare come un aeroplanino. Tutto sembrava così perfetto …

I sogni finiscono e gli incubi cominciano.

Suo padre si é messo in mezzo ad una cosa troppo grande per lui. Anche Nicola è rimasto intrappolato. Sua madre le gira le spalle, inesorabile, come del resto tanti altri.

Nessuno può perdonarla per quello che ha fatto. Ha parlato.

Rita ha parlato … nella terra del silenzio.

Una notte, in gran segreto, ha abbandonato Partanna, il paese capovolto, dove le cose funzionano al contrario: i cattivi appaiono difensori dei deboli, i buoni devono nascondersi, le vittime, col loro silenzio, proteggono i loro persecutori.

E’ a Roma ora, una città nuova, a cercare di vivere, studiare, prendere un diploma, facendo la spola tra processi e caserme.

Ripensa, con un fremito di orgoglio, agli amici che ha saputo aiutare: Peppino, Michele, Teresa, Maria;  per tanti altri invece non ha potuto far nulla.

- Ha combattuto contro dei mulini a vento?

Ultimi, dinanzi agli occhi, compaiono Piera, la cognata forte, coraggiosa più di lei, ed il giudice che avrebbe potuto essere suo padre. Paolo. Una persona di cui fidarsi. Venuto come un angelo nella sua vita, proprio come un angelo se n’è andato. Le sembra ancora di sentire la sua voce calda e paterna che la rassicura. È lui che le ha dato il coraggio di ribellarsi.

- L’unica speranza per sconfiggere il mostro è non arrendersi mai, poiché al di fuori di esso c’è un mondo giusto e onesto. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta …

E poi tutto accade in un attimo. Il ritorno alla realtà. Un sorriso dolce. Il vuoto. Il tramestio per strada. Un tocco caldo e familiare.

***

Era una calda sera d’estate. In cielo, a Partanna, non vi erano nuvole, la luna aiutata dalle stelle illuminava la notte.

Giovanna Cannova, come al solito, stava fumando una sigaretta in cucina, il capo chino, mentre ascoltava distrattamente l’ultimo telegiornale. L’apparecchio, ormai vecchio, trasmetteva in modo intermittente.

Delle parole catturarono la sua attenzione:

"E’ morta questa mattina a Roma la testimone di giustizia  Rita Atria. Si è buttata dal 7° piano del suo appartamento in via Amelia. Aveva solo 17 anni …"

La donna non ebbe alcuna reazione, solo un lieve, quasi impercettibile, movimento delle labbra. Fece un ultimo tiro, spense la sigaretta e andò a dormire.

Per lei Rita, la figlia, era morta molto tempo prima.

***

Cos’era stato? Un fruscio? Non avrebbe saputo spiegarne il perché, Rita, ma era certa che qualcuno fosse lì, vicino a lei.

Notò che non stava più cadendo, ma era ferma, sospesa. Il vuoto era sotto di lei. Qualcuno la sosteneva. Chi era? Era quasi impossibile, ma il suo viso, dolce ed infantile, le ricordava uno dei tanti angeli, che spesso si era incantata a guardare nei libri di scuola.

"Chi sei e cosa vuoi da me?" - chiese la ragazza, con voce incerta.

"Sono il tuo angelo custode e ti sto portando in paradiso, dove incontrerai tutti gli amici che hai perduto e il tuo caro magistrato, Paolo Borsellino".

"Ma io merito l’inferno, mi sono suicidata. Dio non accetta questi atti.

Ho commesso un peccato orribile, imperdonabile!"

"Ricorda Rita, Dio sa perdonare chi si è opposto alle ingiustizie più grandi, chi ha saputo aiutare i propri amici, anche mettendo in pericolo la propria vita, chi ha combattuto il male dentro e fuori di sé, anche se ha avuto un cedimento e non è riuscito ad arrivare proprio fino in fondo".

A quel punto Rita si accorse che si stavano muovendo sempre più velocemente verso il sole. Strano!? non scottava come quando era ancora in vita, le dava invece sollievo, perché quella luce divina le scaldava l’animo e il cuore.

L’angelo l’avvolse in un abbraccio: "Hai fatto ciò che hai saputo e potuto fare, adesso tocca agli altri. È arrivato il momento di andare".

 ***

"E’ tornata ad essere vento – conclude Don Ciotti, nella piazza di Partanna, durante l’omelia per il ventennale della scomparsa di Rita – “Vento che non lascia dormire la polvere. Vento di rabbia e coraggio. Un soffio vitale. Ora la terra è più pronta ad essere fecondata”.

     

ALUNNI: Albini Hevelin, Amanze Eleonora, Caciorgna Lorenzo, Cappelletti Mattia, Cioci Daniele, Cologni Alessia, Dezi Martina, Giacchetta Lucia, Giulioni Francesco, Iommi Susanna, Loparco Chiara, Marinangeli Diego, Merlini Edoardo, Mosca Alice, Mosca Vittorio, Pagano Alessandro, Panduri Lorenzo, Pellerito Gaia, Salvucci Emanuele, Severini Edoardo.

INSEGNANTE: Mariolina D'Angelo 

L'ultimo capitolo della storia è stato forse il più impegnativo, ma ha visto nascere non uno ma tre finali differenti. 

Qui di seguito riportiamo gli altri due finali.

...scegliete voi quello che più vi piace!

Finale n°2 - classe 2°B

Cos’era stato? Un fruscio? Non avrebbe saputo spiegarne il perché, Rita, ma era certa che qualcuno fosse lì, vicino a lei.

Aprì gli occhi. Dinanzi a lei un essere meraviglioso: un angelo.

Vestiva con una tunica bianca. Sopra al suo capo un’aureola brillava come il sole. Ma la cosa più stupefacente erano le ali, candide come la neve e soffici come il pelo di una pecorella.

Rita si guardò attorno e con voce sperduta e timorosa, domandò: " Dove mi trovo?

"Mia cara, non ti preoccupare, non devi più temere, qui sei al sicuro".

Rita si alzò dalla soffice nube su cui si trovava … L’ angelo scomparve.

Ora intorno a lei c’erano migliaia di angeli che giocavano, parlavano e si divertivano insieme.

Eccolo, il mondo che Rita voleva, un mondo giusto e onesto, fatto di cose semplici, ma belle.

 

Fra tutti quegli angeli, uno attirò la sua attenzione. Non riusciva a vederlo bene, perché era girato di spalle, ma poteva ammirarne le bellissime ali dorate.

Rita si avvicinò un po’ e ne riconobbe la sagoma: “zio Paolo!”.

Lo chiamò a squarciagola e finalmente Borsellino si girò e la vide.

Rita lo raggiunse e lo abbracciò, dentro di sé traboccava di felicità.

Borsellino, incredulo di averla ritrovata, con le sue mani calde le sfiorò il viso:

"Picciridda mia, ora che siamo qui, di nuovo insieme, nessuno potrà mai più dividerci. Abbiamo fatto il nostro dovere ora tocca agli altri".

*** 

"E’ tornata ad essere vento – conclude Don Ciotti, nella piazza di Partanna, durante l’omelia per il ventennale della scomparsa di Rita – “Vento che non lascia dormire la polvere. Vento di rabbia e coraggio. Un soffio vitale. Ora la terra è più pronta ad essere fecondata”. 

 

Finale n°3 - classe 2°B

Cos’era stato? Un fruscio? Non avrebbe saputo spiegarne il perché Rita, ma era certa che qualcuno fosse lì, vicino a lei.

Poi sentì discutere animatamente.

"Deve venire con me! – esclama indignato un essere vestito di bianco.

Brilla come il sole. Ha ali candide come la neve e soffici come il pelo di una pecorella. "E’ stata testimone di giustizia, ha rischiato la sua vita per il prossimo, ha sofferto molto, lo merita!"

"No, è mia – strepita un altro, dalla veste scura e ali da pipistrello.

"Ha tradito la sua famiglia, si è suicidata, ha commesso un peccato orribile, imperdonabile!"

Rita cerca di elaborare velocemente le parole che si susseguono rapide, una cosa è certa: da questa discussione dipenderà il suo destino.

"Mettetemi alla prova"  esclama con voce gentile, ma risoluta "datemi un’altra possibilità".

I due si girarono sbalorditi, all’unisono, poi si guardarono e annuirono.

 

Subito cominciò a spirare un forte vento che la trasportò in una città grigia e spenta, “LA TERRA DEL SILENZIO” spiegava un’insegna. 

Iniziò a camminare senza una meta. Intorno a lei - intenti nelle loro quotidiane attività - uomini e donne con occhi vitrei e bocche cucite con fil di ferro.

Occhi che non vedevano e bocche che non parlavano, aria rassegnata e capo chino.

Vagava Rita, sempre più simile agli abitanti di questa città fantasma, quando, nel silenzio irreale, cominciò ad avvertire dei suoni.

Li seguì, incredula, fino ad arrivare ad un edificio basso e lungo.

Uno scivolo blu, tinteggiato di fresco, risaltava nel verde del giardino circostante.

Sorpresa si avvicinò e si affacciò ad una finestra.

Una dozzina di bambini, disposti in cerchio, sedevano a terra attorno alla maestra. Avevano occhi lucenti e voci argentine.

 

"… Avete capito bambini? Nonostante tutto, Giovanni ha vinto la sua battaglia, perché insieme a Paolo ha acceso la speranza, ci ha fatto aprire gli occhi".

“Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”, di tutti noi.

"Maestra" la interrompe risoluto un bimbetto dall’aria vispa "ho deciso! Da grande farò il magistrato, come Giovanni. Combatterò contro la mafia e la sconfiggerò!"

"Io invece" interviene un altro  "non sono molto coraggioso, e poi a me piace il mare, voglio diventare un capitano, chiamerò la mia nave La nave della legalità!

"Io, maestra non so cosa farò da grande, ma non farò più il prepotentone – come dice mia mamma - con mio fratello piccolo …"

"Io …"

"Enrico, per oggi dobbiamo fermarci qui, sta per suonare la campanella; ma io sono sicura, bimbi miei, che le idee di Giovanni e Paolo sulle vostre gambe arriveranno lontano …"

 

Rita capì.

Ecco cosa ci voleva per sconfiggere la mafia, un esercito di maestre e di bambini, loro potevano cambiare il mondo.

Allora andò di scuola in scuola. Scolari di ogni età la seguirono,  donando colore, bocche e occhi nuovi a tutte le persone con cui parlavano.

Certo la strada da percorrere per arrivare alla meta, un mondo buono e giusto, era ancora lunga ed ardua, ma l’importante era aver cominciato.

Rita non aveva più motivo di rimanere lì.

L’angelo bianco la abbracciò:  "Hai superato la prova, sei stata e sarai un esempio per tutti coloro che hanno sete di pace e di giustizia. Hai fatto ciò che potevi, adesso tocca agli altri. È arrivato il momento di andare".

 

***

 

- E’ tornata ad essere vento – conclude Don Ciotti, nella piazza di Partanna, durante l’omelia per il ventennale della scomparsa di Rita – Vento che non lascia dormire la polvere. Vento di rabbia e coraggio. Un soffio vitale. Ora la terra è più pronta ad essere fecondata.

 

 VOGLIAMO RINGRAZIARE TUTTI I RAGAZZI, LE RAGAZZE E LE INSEGNANTI DELLA SCUOLA DANTE ALIGHIERI PER IL BELLISSIMO RACCONTO CHE HANNO REALIZZATO.